Quando ormai anni fa frequentai il corso ONAV, ricordo che il docente preposto alla lezione sulla vinificazione in bianco cominciò a raccontarci una bella storiella a proposito di quello che presentò come “Pinogligio”, pronunciandolo proprio come lo pronuncerebbe un cinese. La forzatura era doppia. Perché se è vero che in tutti i ristoranti cinesi si serve un certo Pinot Grigio, trasparente e trascurabile, dove è praticamente impossibile trovare peculiarità che distinguano una bottiglia dall’altra nonostante la differenza di etichetta, è esattamente speculare ritrovare questa caratteristica nella cucina della stragrande maggioranza dei ristoranti cinesi. Sinceramente, fino all’altra sera sono sempre stato abbastanza d’accordo con questa visione del Pinot Grigio. Con le dovute eccezioni, s’intende, come esistono magnifiche eccezioni per i ristoranti cinesi.
Però, e sicuramente era un mio limite, ho trovato quasi sempre dei Pinot Grigio divertenti, se serviti molto freddi e magari frizzantini, in una calda sera d’estate, con un aperitivo leggero leggero, perfetta alternativa ai soliti Prosecco o Gewürztraminer (spettacolari entrambi, ma variare ogni tanto non guasta). Poi, per caso, capito in un localino molto carino qui a Treviso, il FILO’ del quale avremo modo di approfondire la conoscenza, che mi butta li una provocazione. Davide mi dice “hai voglia di assaggiare un Pinot Grigio che è diverso da tutti gli altri?… questo secondo me ti piacerebbe”, ed è da mettere agli atti che avevamo appena finito di parlare di Nebbiolo… quindi un’idea dei miei gusti se l’era fatta! Accetto la sfida, lui posa il bicchiere sul bancone, estrae dal frigo una bottiglia dall’etichetta curiosa, la stappa e la versa. E solo questo basta a farmi strabuzzare gli occhi.
Abbiamo chiarito precedentemente quale sia il colore del Pinot Grigio? Anche dei migliori? Bene, quello che trovo nel bicchiere è una colata d’oro estremamente intensa e luminosa, con tutto il suo corredo di riflessi verdognoli.
Un colore da Chardonnay barriccato, o da Pigato di quelli un po’ vecchiotti, non certo la trasparenza alla quale mi ero preparato. Come state giustamente pensando anche voi, la mia mente è subito corsa all’idea di una vinificazione in legno, che avrebbe reso certamente profumato quel vino per me un po’ povero, ma anche marmellatoso, costruito, artificioso… insomma, ero colpito da un lato e sicuramente un po’ prevenuto dall’altro.
Il colore però era bellissimo e quindi prendo il bicchiere tra le mani e lo porto effettivamente al naso e scopro con estremo piacere che di legno non ce n’è manco l’ombra. Certo non sembra un Pinot, sicuramente non è dozzinale, ma si discosta anche dai migliori campioni come il Punggl della Cantina Nals Margreid giudicato il miglior Pinot Grigio del mondo.
E’ potente, è complesso, non si limita ai fiorellini delicati ed alle note di mela, non ha solo quell’accenno di note verdi, qui dentro c’è anche della frutta, bianca ovviamente, c’è della polpa di agrumi dolci, non aciduli, c’è forse perfino un giochino di lime e frutto della passione, ma il tutto è molto lineare, molto armonico. Per farvi capire il concetto senza sviare, non è il naso di uno Chardonnay, è comunque meno complesso, si apre con un po’ di intensità, ma è estremamente ampio per il tipo di vino, sicuramente meno elegante di altre etichette più rigorose, ma assolutamente godibile. Qui sicuramente la criomacerazione aiuta parecchio e la trovo una bellissima scelta. Tra l’altro, facendo qualche ricerca, sul sito della cantina viene indicato in produzione anche un periodo di riposo condito da periodici battonage, che giustificano ancora di più questi gusti e profumi particolari. Poi lo assaggi ed anche qui sono tutte sorprese, belle sorprese. C’è corpo, tanto corpo, forse pure troppo, troppo sempre in relazione al vitigno, e la cosa potrebbe ingannare chi lo beve per la prima volta e si aspetta un prodotto più educato. Questo è un vino da trattare al pari di altre bottiglie, forse al pari di altri vitigni. Ancora una volta la sensazione è veramente straniante, per nulla tipica, decisamente atipica. È spesso, rotondo, ma non troppo e questo sembra da attribuirsi alla quantità di glicerina molto più che all’alcool, che rimane composto e nascosto dietro alla quantità delle note bianche di frutta e fiori. Non presenta nemmeno per un momento i caratteri evanescenti e sfuggenti riscontrati in altri Pinot Grigio, al contrario gioca tutto il suo carattere su un volume e su una struttura decisamente importante.
Cosa abbiamo nel calice? Un Pinot Grigio IGT Venezie di Azienda Agricola Sutto
Lascia comunque la bocca leggera, quello sì, grazie alla punta di acidità, che scappa un filo sul finale ed accompagna per la prima volta il sentore dei suoi 12,5°. Ora che ve lo abbiamo descritto, ed avete capito che mi è anche piaciuto particolarmente, vi posso anche dire il nome del produttore di questo Pinot Grigio IGT Venezie. Si tratta di Sutto, una realtà decisamente grande del Veneto, industriale si direbbe. E qui purtroppo mi sovviene l’unico pensiero in contrasto con la piacevolezza del vino stesso. Non è che tutto questo corpo, questa diversità, è solo un modo per mascherare un prodotto che in cantina ed in vigna non si è riusciti a preparare giocando sulle finezze e le millimetriche precisioni che altre cantine, magari in posizioni migliori, sicuramente con altri costi e forse altra dedizione, riescono ad esprimere? Spulciando il loro sito si trova la presentazione di ben tre linee differenti di vini, un Hotel 4 stelle, una sala degustazione e vendita diretta, un ristorante in piena regola, un altro punto di somministrazione stile osteria all’interno di un Outlet a Noventa di Piave, e per chiudere, sempre nello stesso Outlet un ulteriore caffè, insomma una realtà veramente grande che per mia immensa ignoranza ancora non conoscevo.
Consiglierei il Pinot Grigio di Sutto? Assolutamente sì. E’ un buon Pinot Grigio? NO! Non perché non sia un buon vino, ma perché del Pinot Grigio è rimasto ben poco. Non ne ha il colore tipico, oltre ai profumi già più in linea offre una quantità ragguardevole di strati aggiuntivi, che pur armonici non collimano con il vitigno fino in fondo, in bocca è il contrario di quello che ti aspetteresti. Quindi è un vino buono, anche molto buono se vi piace, ma non è né un “Pinogligio” né un buon Pinot Grigio.
Azienda Agricola Sutto
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