La zona di Gavi è quel limbo molto poco conosciuto al di fuori degli stretti paraggi che nei secoli ha però rappresentato un crocevia vinicolo come pochissimi altri al mondo.
Situato subito al di qua dello spartiacque appenninico, in realtà, ha storicamente sempre intessuto trame commerciali con la Liguria più che con la Lombardia o il Piemonte.
Genova ha esteso storicamente la sua influenza su questo territorio, che sebbene poco a sud di Alessandria, è diventato in questo modo terra di bianchi in patria di rossi storici. Ed infatti, tra i così detti “Autoctoni”, troviamo su queste colline il Cortese che trae il suo nome probabilmente dalla leggenda della “Principessa Cortese”. Ed è proprio il carattere posato e raffinato di quest’uva assieme alla grande dedizione degli uomini e al microclima fantastico, baciato dagli ultimi refoli di brezza marina e dalla neve dell’Appennino,che è in grado di regalare bianchi fantastici, che non disdegnano, quando vinificati sapientemente, anche qualche anno di invecchiamento.
Il terreno di queste parti è di due tipi, bianco e calcareo da una parte ed argilloso dall’altra.
E’ così che durante una gita di piacere prendo un pomeriggio più libero del solito e faccio visita alle cantine Broglia, subito alle spalle del bellissimo castello di Gavi, incuriosito da un vecchio assaggio della loro bottiglia di punta in fatto di Cortese, la riserva Bruno Broglia, che mi aveva colpito per eleganza e struttura.
Bruno è il fondatore della casa vinicola, che nel 1974 viene data in affitto al figlio Piero, proprio l’anno in cui viene istituita la DOC Gavi ed imbottigliato il primo vino con l’etichetta dell’azienda. La Meirana è uno dei vigneti di proprietà, interamente dedicato alla coltivazione del Cortese ed essendo particolarmente vocato come terreno, le sue uve vengono usate per la realizzazione di un Cru, il Gavi La Meirana DOC, che all’assaggio mi ha stupito, forse più del riserva, per la grande struttura ed il carattere, appunto “cortese”.
Assaggiamo il Gavi La Meirana DOC 2011
Il Gavi La Meirana, proprio in virtù del suo carattere è forse il prodotto più rappresentativo e classico, e non a caso quindi porta un nome legato indissolubilmente a tutta la storia di Gavi. Infatti il primo documento che è all’origine del nome “Gavi” conservato presso l’Archivio di Stato di Genova parla di vigne e castagneti in località Meirana.
Le uve raccolte in cassette, a mano, e direttamente inviate alla pigiatura soffice, sono vinificate in recipienti di acciaio. La fermentazione a temperatura controllata mantiene ed esalta i profumi floreali tipici, regalando nel bicchiere tenui sentori di pera matura e un tocco di balsamico quasi impercettibile se servito troppo freddo. Anche il colore è di quelli che si fa ricordare, talmente lucente da risultare brillante nel suo giallo paglierino. I quattro anni sulle spalle hanno mantenuto inalterato il colore principale, dando semplicemente una variazione ai riflessi, un tempo verdolini ed oggi più dorati, quasi paglia al sole piene.
Al sorso poi, il tipico retrogusto di mandorle è chiaramente percepibile ed accompagna una bocca perfettamente bilanciata tra le note grasse e la spinta giustamente acida, caratteristica che conferma ancora una volta una capacità di invecchiamento invidiabile. Bevendolo oggi, in bottiglia dal 2011, il Gavi La Meirana ha acquistato sentori più maturi, avvicinandosi alla frutta leggermente candita, di polpa bianca, accentuando il suo corpo e prolungando il ventaglio di sapori in un sorso sorprendentemente lungo.
L’abbinamento gastronomico migliore è a mio avviso sui risotti, magari leggermente ingrassati da una buona mantecatura di parmigiano, che aggiunga una punta sapida, forse unica nota assente in una beva decisamente appagante.
Ed ecco che la considerazione esce ancora una volta spontanea, confermata in questa cantina dalla produzione invidiabile, ma applicabile a tantissime altre realtà.
Non sempre il prodotto migliore di una azienda è anche il più caro o il più ricercato. Non sempre le bottiglie che un produttore colloca nelle fasce più basse di prezzo, sono le meno rappresentative o meno appaganti. Anche in questo caso siamo di fronte ad una vinificazione meno strutturata della riserva di casa Broglia, ma che, a mio avviso, è molto più capace di incarnare le valenze del territorio e del vitigno. Più diretto, senza risultare banale, più sincero senza che questo significhi una qualche imperfezione o disarmonia, più immediato ed al contempo omogeneo, lasciandosi così apprezzare più a lungo.
Bastano 12,5° volumetrici per stupire in bocca e farsi ricordare, senza bisogno di esasperare sempre le cose!
E se ancora non siete convinti, ma questa filosofia vi ha lasciato almeno un po’ di voglia e volete provare di persona, potete sempre cercare qualche bottiglia Qui.